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Lo sfogo di una giovane operatrice: “fare l’Oss non è una gara di velocità”.

Voglio accantonare solo per un attimo l’argomento “coronavirus” per porre al centro dell’attenzione un problema assai comune a tanti operatori socio sanitari, quello cioè della celerità con cui troppo spesso sono chiamati a svolgere il loro mestiere. Riporto lo sfogo di Roberta (nome di fantasia), un’operatrice di Forlì intervenuta nei giorni scorsi su un famoso gruppo Facebook riservato agli operatori.  La giovane Oss riaccende un tema molto interessante, cioè quello della tempistica relativa al servizio di assistenza socio-sanitaria. Il problema è molto radicato soprattutto nelle strutture ospedaliere ma anche in quelle private, nelle RSA e nelle case di riposo con un numero rilevante di pazienti. E’ in questi contesti che l’operatore è chiamato a prestare assistenza a più persone nel minor tempo possibile. Una vera e propria corsa contro il tempo che inevitabilmente grava sulla qualità del servizio. Durante la formazione vengono trasmessi concetti etici di estrema rilevanza morale, quali l’empatia, l’ascolto e la centralità della persona nell’assistenza socio-sanitaria. Studi che cozzano con la cruda realtà con cui gli operatori sono costretti a fare quotidianamente i conti. “Celerità” e “qualità” del servizio chiaramente devono essere garantite, in egual misura e in modo professionale, dall’operatore socio-sanitario, ma il problema di fondo (spesso lo dimentichiamo) è un altro: la carenza di personale.

Ecco cosa ha scritto Roberta.

“Mi sono qualificata come Oss a fine ottobre, lavoro come Oss da pochi mesi, ma l’unico messaggio che ho ricevuto è che, in questo lavoro, è più importante la velocità nell’assistere il maggior numero di ospiti nel minor tempo possibile, in modo da non far arrabbiare i colleghi e chiunque lavori vicino a te. Io sono molto arrabbiata e delusa per questa situazione, perché per me questo è tutt’altro che una gara di velocità. Durante la formazione, molti docenti mi hanno insegnato tante cose che purtroppo nella pratica non vedo. Scusatemi per lo sfogo”.

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Marco Amico

Operatore Socio-Sanitario, blogger e giornalista. Ho 37 anni, una laurea in Lettere e Filosofia e la passione per la scrittura, le serie TV, le bici. Lavoro in una casa di riposo e nel tempo libero scrivo articoli d'interesse socio-sanitario.

2 pensieri riguardo “Lo sfogo di una giovane operatrice: “fare l’Oss non è una gara di velocità”.

  • Vero..tutto verissimo…ho girato diverse rsa e la storia è sempre uguale…lavorare veloce…lavorare in pochi…quindi lavorare male.
    Ho 35anni e in 3 anni ho avuto (ed ho tutt’ora) 2 ernie discali e un mondo di rabbia verso questo sistema marcio.

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  • Confermo e rilancio. Lavoro come Oss soltanto da gennaio del 2020, sfiga ha voluto che finissi, dopo aver vinto un concorso, in un reparto di geriatria in ospedale. Si fa tutto di corsa, la coperta è sempre troppo corta, il più delle volte non guardiamo neanche in faccia i pazienti, altro che empatia ed ascolto attivo. Amo il mio lavoro e amo ancor di più questo tipo di utenza, ma vorrei lavorare in maniera totalmente diversa, dando davvero attenzioni a questi anziani fragili, che il più delle volte hanno bisogno d’esser accompagnati al fine vita, invece il 99% dei turni passa in volata senza che riesca neanche ad imboccarli perchè devo fare altre mille cose. Come Luca sono arrabbiata, disgustata e dolorante. Dopo soli appena 8 mesi di lavoro non posso più fare a meno di antidolorifici che assumo senza soluzione di continuità. Servisse almeno a far stare bene i miei pazienti…

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